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giovedì 20 febbraio 2014

L’ECONOMIA CONDIVISA– L’ECONOMIA CRISTIANA - BIBLICA.

MISERIA - POVERTA’ – RICCHEZZA – LUSSO
ECONOMIA – TEOLOGIA – RELIGIONE – FEDE
CONDIVISIONE BIBLICA
PROCESSO CULTURALE SULL’ECONOMIA CONDIVISA
MODI DIVERSI DI CONCEPIRE L’ECONOMIA DI CONDIVISIONE.
Lettrici/lettori scrivono:

Buongiorno!!!.
Chi tutto, chi niente.
Purtroppo e così. !!!.
Ma nella vita, non dobbiamo perdere:-
La dignità. !!!.
L'Onesta.!!!.
L'Orgoglio.!!!.
Per me, questo e il vero senso della vita.!!!!!!.
Buona giornata!.
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Ho letto buona parte del blog, devo dire che lo trovo tra i più importanti ed empatici che ho visitato; provando ad annettermi ai followers non mi da il servizio disponibile al momento, dice di provar più tardi, cosa che sicuramente farò; per i commenti ti dico che pur comprendendo credo la solenne verità e giustezza del sunto di tutto ciò che comunichi, vorrei prima, come accennatoti, avere la conoscenza della misura della fede ceca (scusami la durezza del termine, non credo in alcuna forma di altruismo, pur vedendolo più che positivo se reso reale alla massa) che istintivamente o meno implementi a mo' di lubrificante circa gli argomenti trattati; dopo l'annessione al tuo blog cercherò di contattarti per scambiare alcune opinioni, se credi, e penso che li avrai da indicarmi credo qualche giusta direzione...  ciao!!

2 commenti:

  1. "La ricchezza è un bene se aiuta gli altri"
    Papa Francesco parte 1

    Chi di noi non si sente a disagio nell’affrontare anche la sola parola «povertà»?
    Ci sono tante forme di povertà: fisiche, economiche, spirituali, sociali, morali.
    Il mondo occidentale identifica la povertà anzitutto con l’assenza
    di potere economico ed enfatizza negativamente questo status.
    Il suo governo, infatti, si fonda essenzialmente sull’enorme potere
    che il denaro ha acquisito oggi, un potere apparentemente superiore
    a ogni altro.
    Perciò un’assenza di potere economico significa irrilevanza a livello politico, sociale e persino umano.
    Chi non possiede denaro, viene considerato solo nella misura
    in cui può servire ad altri scopi. Ci sono tante povertà,
    ma la povertà economica è quella che viene guardata
    con maggior orrore. In questo c’è una grande verità.
    Il denaro è uno strumento che in qualche modo - come la proprietà -
    prolunga e accresce le capacità della libertà umana,
    consentendole di operare nel mondo, di agire, di portare frutto.
    Di per sé è uno strumento buono, come quasi tutte le cose
    di cui l’uomo dispone: è un mezzo che allarga le nostre possibilità.
    Tuttavia, questo mezzo può ritorcersi contro l’uomo.
    Il denaro e il potere economico, infatti, possono essere un mezzo
    che allontana l’uomo dall’uomo, confinandolo in un orizzonte egocentrico
    ed egoistico.

    La stessa parola aramaica che Gesù utilizza nel Vangelo - mammona, cioè tesoro nascosto (cf. Mt 6, 24; Lc 16,13) - ce lo fa capire:
    quando il potere economico è uno strumento che produce tesori
    che si tengono solo per sé, nascondendoli agli altri, esso produce iniquità,
    perde la sua originaria valenza positiva.
    Anche il termine greco, usato da San Paolo, nella Lettera ai Filippesi (cf. Fil 2, 6) - arpagmos -
    rinvia a un bene trattenuto gelosamente per sé,
    o addirittura al frutto di ciò che si è rapinato agli altri.
    Questo accade quando dei beni vengono utilizzati da uomini
    che conoscono la solidarietà solo per la cerchia - piccola o grande
    che sia - dei propri conoscenti o quando si tratta di riceverla,
    ma non quando si tratta di offrirla.
    Questo accade quando l’uomo, avendo perso la speranza
    in un orizzonte trascendente, ha perso anche il gusto della gratuità,
    il gusto di fare il bene per la semplice bellezza di farlo (cf. Lc 6, 33 ss.).

    Quando invece l’uomo è educato a riconoscere la fondamentale solidarietà
    che lo lega a tutti gli altri uomini - questo ci ricorda la Dottrina sociale della Chiesa -
    allora sa bene che non può tenere per sé i beni di cui dispone.
    Quando vive abitualmente nella solidarietà, l’uomo sa che ciò
    che nega ad altri e trattiene per sé, prima o poi, si ritorcerà contro di lui.
    In fondo, a questo allude nel Vangelo Gesù, quando accenna alla ruggine
    o alla tignola che rovinano le ricchezze possedute egoisticamente
    (cf. Mt 6, 19-20; Lc 12, 33).
    Invece, quando i beni di cui si dispone sono utilizzati non solo
    per i propri bisogni, essi diffondendosi si moltiplicano e portano spesso
    un frutto inatteso.
    Infatti vi è un originale legame tra profitto e solidarietà, una circolarità feconda
    fra guadagno e dono, che il peccato tende a spezzare e offuscare.
    Compito dei cristiani è riscoprire, vivere e annunciare a tutti
    questa preziosa e originaria unità fra profitto e solidarietà.
    Quanto il mondo contemporaneo ha bisogno di riscoprire questa bella verità !
    Quanto più accetterà di fare i conti con questo, tanto più
    diminuiranno anche le povertà economiche che tanto ci affliggono.

    ...

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  2. "La ricchezza è un bene se aiuta gli altri"
    Papa Francesco parte 2

    Non possiamo però dimenticare che non esistono solo le povertà legate all’economia.
    È lo stesso Gesù a ricordarcelo, ammonendoci che la nostra vita
    non dipende solo «dai nostri beni» (cf. Lc 12, 15).
    Originariamente l’uomo è povero, è bisognoso e indigente.
    Quando nasciamo, per vivere abbiamo bisogno delle cure dei nostri genitori,
    e così in ogni epoca e tappa della vita ciascuno di noi
    non riuscirà mai a liberarsi totalmente dal bisogno e dall’aiuto altrui,
    non riuscirà mai a strappare da sé il limite dell’impotenza davanti a qualcuno o qualcosa.
    Anche questa è una condizione che caratterizza il nostro essere «creature»:
    non ci siamo fatti da noi stessi e da soli non possiamo darc
    tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Il leale riconoscimento di questa verità
    ci invita a rimanere umili e a praticare con coraggio la solidarietà,
    come una virtù indispensabile allo stesso vivere.

    In ogni caso, dipendiamo da qualcuno o da qualcosa.
    Possiamo vivere ciò come una debilitazione del vivere o come
    una possibilità, come una risorsa per fare i conti con un mondo
    in cui nessuno può far a meno dell’altro, in cui tutti siamo utili
    e preziosi per tutti, ciascuno a suo modo
    Non c’è come scoprire questo che spinge a una prassi responsabile
    e responsabilizzante, in vista di un bene che è allora, davvero,
    inscindibilmente personale e comune.
    È evidente che questa prassi può nascere solo da una nuova mentalità,
    dalla conversione ad un nuovo modo di guardarci gli uni con
    gli altri !
    Solo quando l’uomo si concepisce non come un mondo a sé stante,
    ma come uno che per sua natura è legato a tutti gli altri, originariamente
    sentiti come «fratelli», è possibile una prassi sociale in cui il bene comune
    non rimane parola vuota e astratta!

    Quando l’uomo si concepisce così e si educa a vivere così,
    l’originaria povertà creaturale non è più sentita come un handicap ,
    bensì come una risorsa, nella quale ciò che arricchisce ciascuno,
    e liberamente viene donato, è un bene e un dono che ricade poi
    a vantaggio di tutti.
    Questa è la luce positiva con cui anche il Vangelo ci invita a guardare
    alla povertà.
    Proprio questa luce ci aiuta dunque a comprendere perché Gesù
    trasforma questa condizione in una autentica «beatitudine»:
    «Beati voi poveri! » (Lc 6, 20).
    Allora, pur facendo tutto ciò che è in nostro potere e rifuggendo ogni forma
    di irresponsabile assuefazione alle proprie debolezze,
    non temiamo di riconoscerci bisognosi e incapaci di darci tutto
    ciò di cui avremmo bisogno, perché da soli e con le nostre sole forze
    non riusciamo a vincere ogni limite.
    Non temiamo questo riconoscimento, perché Dio stesso, in Gesù,
    si è curvato (cf. Fil 2, 8) e si curva su di noi e sulle nostre povertà
    per aiutarci e per donarci quei beni che da soli non potremmo mai avere.
    Perciò Gesù elogia i «poveri in spirito» ( Mt 5, 3), vale a dire coloro che
    guardano così ai propri bisogni e, bisognosi come sono, si affidano a Dio,
    non temendo di dipendere da Lui (cf. Mt 6, 26).
    Da Dio possiamo infatti avere quel Bene che nessun limite può fermare,
    perché Lui è più potente di ogni limite e ce lo ha dimostrato quando ha vinto la morte!
    Dio da ricco che era si è fatto povero
    (cf.2 Cor 8, 9) per arricchirci con i suoi doni! Egli ci ama,
    ogni fibra del nostro essere gli è cara, ai suoi occhi
    Ciascuno di noi è unico ed ha un valore immenso:
    «Anche i capelli del vostro capo sono tutti
    contati... voi valete più di molti passeri » ( Lc 12, 7) .

    *

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